Antonio Esposito

Antonio Esposito non si accontenta mai del suo percorso artistico, è sempre alla ricerca di materiali da sperimentare, tecniche da perfezionare, concetti da sviluppare. Tutto ciò fa di lui un’artista che mette in continua discussione se stesso e la sua ricerca stilistica per dar vita ad una produzione variegata dal punto di vista del concetto ma perfettamente riconoscibile dal punto di vista dello stile.
Esposto vive l’arte come estrema libertà di espressione e di interpretazione e ciò lo spinge a non dar mai titoli alle sue opere per lasciar l’osservatore libero di leggere in quello che ci regala ciò che sente più affine al proprio cuore, alla propria mente, ai propri ideali.
Di fronte alle sue tele chi osserva non potrà che lasciarsi rapire da un racconto che diviene soggettivo, libero nel proprio libero arbitrio di intendere quei tratti, quei materiali, quelle costruzioni secondo il suo intimo sentire.
Quello che emerge è una riflessione profonda sulla condizione umana che si dimena nel rapporto dicotomico reale/soggettivo. Molte sono le opere dove domina la distruzione, una distruzione che può essere decifrata sotto vari fronti come distruzione morale dell’uomo contemporaneo, devastazione intima e/o personale di un’anima che mai si accontenta o scempio naturale con riferimento ai cataclismi che colpiscono la Terra come se la Natura volesse ribellarsi di fronte alle nefandezze degli uomini che l’hanno violentata, sciupata, deturpata.
E ancora immagini che tornano soventi con richiami alla metafisica: la sfera, simbolo di perfezione e regolarità assoluta, ora in lamiera, ora realizzata ad olio e riflettente scorci di città sospese, di palazzi anonimi, ora protagonista indiscussa di opere che riescono ad andare oltre il reale, verso dimensioni sconfinate e sconosciute.
E ancora l’uomo appena delineato o raffigurato nella sua completezza ma pur sempre anonimo, una figura dentro la quale ciascuno di noi può identificarsi. Un uomo seduto in religiosa riflessione, a capo chino, in pose plastiche impegnato a sorreggere la sfera che diviene simbolo del peso del mondo, dell’umanità o dei propri pensieri, degli errori personali, dei rimpianti. Talvolta lo ritroviamo all’angolo delle tele, altre volte ci dà l’impressione di essene uno spettatore capitato lì quasi per caso, altre volte delineato e “chiuso” dalla stessa composizione prospettica dell’insieme o addirittura protagonista assoluto imprigionato in una griglia metallica richiamo alle costrizioni sociali, alle paure mentali, ai pregiudizi o ai concetti limitati e limitanti.
Se l’arte deve essere soggettiva, se deve essere un insieme di emozione e concetto, se deve stimolarci alla meditazione e non lasciarci impassibili di fronte all’immagine, se deve riuscire ad andare oltre il puro equilibrio armonico ed estetico, allora questo e molto di più ritroviamo nella produzione di Esposito, un’artista che non smetterà mai di donarci una parte di sé, nel pieno rispetto di idee e ideali del proprio spettatore.
Dr.ssa Monica Ferrarini

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